interventi di:
Mario Tronti, Enrico Pugliese, Francesco Calvanese, Alfonso Liguori, Claudio Micheloni, Maurizio Spallaccini, Fabio Pezzetti Tonion, Laura Salsi, Stefano Morselli, Albertina Soliani, Adolfo Pepe, Franco Arminio , Romeo Guarnieri, Prospero Cerabona, Leana Pignedoli, Francesco Berrettini, Rodolfo Ricci, Aurelio Tommasetti, Annibale Elia, Maurizio del Bufalo,Grazia Moffa, Massimo Angrisano, Massimo Lanocita, Piero Lacorazza,Franco Vitelli, Ettore Bove, Pietro Simonetti, Mimmo Calbi, Domenico Notarangelo, Domenico Guaragna, Antonio Sanfrancesco, Michele Speranza, Rino Giuliani.
in collaborazione con:
Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, Istituto Alcide Cervi, Confederazione Italiana Agricoltori, Fondazione Di Vittorio, Museo del Cinema di Torino, Università di Salerno, Regione Basilicata, Fiei, Filef Reggio-Emilia, Filef Campania, Filef Basilicata, Filef Puglia, Filef Sydney, Filef Montevideo, Circolo Carlo Levi-Berlino, Istituto Fernando Santi.
luoghi e date:
Roma, 24 novembre 2015: Sala Zuccari della Presidenza del Senato, Palazzo Giustiniani
Torino, 4 dicembre 2015: Biblio-mediateca Mario Gromo Museo del Cinema
Reggio Emilia, 5 dicembre 2015: Museo Cervi di Gattatico di Reggio Emilia
Salerno, 10 dicembre 2015: Teatro dell'Università di Salerno (Fisciano-SA)
Matera, 18 dicembre 2015: Liceo Classico Carlo Levi
Il 2015 è l’anno del quarantennale della scomparsa di Carlo Levi, oltre alla ricor- renza della pubblicazione del suo libro più famoso, “Cristo si è fermato a Eboli”, pubblicato nel 1945.
A distanza di tanto tempo, la figura di Carlo Levi fa ancora discutere: questione meridionale, nuove povertà, immigrazione e nuova emigrazione, sono da decenni, e soprattutto negli ultimi anni, nodi centrali della vicenda del nostro paese e dell’Europa intera.
Nell’anno in cui si è celebrata l’esposizione universale a Milano, con lo slogan “Nutrire il pianeta” e Papa Francesco ha promulgato la sua Enciclica “Laudato sì”, sono pienamente aperte la questione di un corretto rapporto con le risorse naturali e alimentari, della condizione e del ruolo fondamentale della produzione agricola e dei contadini che tanto spazio hanno avuto nella riflessione e nelle opere pittoriche di Carlo Levi.
Subire la storia o farla da protagonisti, uscendo dalla terribile alternativa tra “brigante o emigrante”, è ancora, per tanti luoghi del mondo, una questione centra- le. A seguito della crisi globale, ciò che negli ultimi decenni era un problema limita- to alle grandi periferie del pianeta, si è trasferito in modo quasi inatteso fin dentro il cuore pulsante dei paesi avanzati: nuove povertà si accavallano a nuovi flussi di immigrazione ma anche – cosa che viene oscurata nella narrazione mediatica – a nuovi flussi di emigrazione dall’Italia: infatti, nel 2014, gli espatri di nostri connazio- nali, in particolare giovani, hanno superato gli ingressi di lavoratori extracomunitari. Nuove contraddizioni si sono aperte e la ricerca di un nuovo equilibrio fondato su una più equa distribuzione delle risorse tra aree continentali e dentro i singoli paesi e su un modello di sviluppo che non distrugga il capitale umano e ne garan- tisca la dignità, è presente come mai prima.
Il drammatico esodo dal sud povero del mondo e dai paesi in guerra e quello, più nascosto, ma non meno significativo dei giovani sud europei verso il nord e oltreo- ceano, sono di fronte a noi a mostrare come gli squilibri si stiano trasformando in un caos globale. Dal quale è fondamentale uscire.
Alla fine degli anni ’60 Carlo Levi ha fondato e organizzato la FILEF (1967), la federazione dei lavoratori emigranti e delle loro famiglie. Attraverso la Filef ha pro- mosso azioni sociali e politiche e incentivato la nascita di associazioni in grado di difendere i diritti degli emigrati in molti paesi del mondo. La sua attività politica e di senatore si è concentrata su questo tema. È rimasto famoso il suo intervento al Senato nel 1970 in cui descrisse il fenomeno dell’emigrazione.
Nel suo intervento affermò che “l’emigrazione è per noi quello che per gli Stati Uniti è il problema negro. La sua esistenza contesta obiettivamente il valore della nostra struttura sociale. Milioni di cittadini italiani sono strappati, con violenza che è nelle cose, nelle strutture storiche, nelle istituzioni, dalla terra, dalla casa, dalla famiglia, dalla lingua, ed espulsi dalla comunità nazionale, esiliati in un mondo “altro”, privati delle radici culturali, capri espiatori delle nostre colpe. ... L’emigrazione incide su tutta la vita del Paese, in tutti i campi ... essa, nata da strutture economiche, sociali e politiche insufficienti, prova del carattere autoritario, repressivo, idolatrico e paterno delle istituzioni o dei loro residui, tocca ogni mo- mento della nostra convivenza. Tutti i problemi nazionali ne sono condizionati o modificati o alterati, o corrotti: quello del Mezzogiorno, quello dell’abbandono delle campagne, quello della difesa dell’urbanesimo, per cui le emigrazioni interne da un lato ci danno lo spopolamento delle campagne e dall’altro questi mostruosi agglo- merati cittadini; quello dell’agricoltura, quello dello spopolamento delle campagne, quello della difesa del suolo e del territorio, quello della casa, quello della scuola, perfino quello dell’ordine pubblico ... , quello della cultura – perché non c’è sol- tanto l’emigrazione di braccia, ma c’è anche l’emigrazione di intelligenze ... – quel- lo della lingua, quello della salute pubblica, quello del diritto, quello del lavoro e, naturalmente, quello della politica estera”.
Basterebbero queste righe di quasi 50 anni fa per ricostruire una corretta griglia di riferimento concettuale per affrontare seriamente l’attuale questione migratoria. E’ in questa chiave che FILEF si accinge a ricordare Carlo Levi a quaranta anni dalla sua scomparsa.
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