Il libro di Giuseppina Sanna, pur inserendosi nella oramai abbondante letteratura sull'emigrazione italiana in Francia, presenta aspetti originali in precedenza poco indagati. La ricerca, nata nell'ambito del dottorato di storia politica e sociale dell'Europa moderna e contemporanea dell'Università di Roma Tor Vergata, getta nuova luce su un particolare periodo della presenza italiana oltralpe. Si tratta degli anni della grande emigrazione, quando gli italiani rappresentavano già una delle comunità straniere più numerose della Francia e iniziavano a essere coinvolti in misura significativa nelle attività sindacali in un clima che, però, era ancora contrassegnato da sentimenti e manifestazioni di xenofobia nei loro confronti. Le opere precedenti – come nota Matteo Sanfilippo nella prefazione – si sono concentrate soprattutto sui più famosi episodi di scontro tra i nuovi arrivati italiani e i francesi, lasciando in ombra l’esperienza della vita quotidiana e l'importanza che gli immigrati cominciavano ad avere nelle dinamiche più strettamente politiche del mondo del lavoro.
La ricerca assume un notevole valore anche per la ricchezza del materiale documentario consultato. Si basa, infatti, su fonti sia italiane che francesi: gli archivi dei due Ministeri degli Affari esteri, l'Archivio Centrale di Stato di Roma e gli Archivi Nazionali di Parigi, l'archivio storico della Società Umanitaria di Milano, quello della prefettura di polizia di Parigi, l'archivio della Confédération générale du travail (cgt) e gli Archivi dipartimentali di Alpes-Maritimes, Bouches-du-Rhone e Gard.
La monografia è articolata in tre parti, con un’impostazione che muove dalle argomentazioni più generali a quelle più particolari. Questo genere di struttura rende la lettura gradevole e semplice, anche per chi non sia un esperto della materia.
La prima parte è quasi una sintesi degli aspetti più significativi dell’emigrazione italiana in Francia e costituisce un’utile base introduttiva per comprendere le sezioni successive. Viene qui offerto una ampio quadro di dati quantitativi sulla presenza numerica, i mestieri, i luoghi di partenza e di destinazione per poi passare a esaminare le cause dell’esodo. Un capitolo è interamente dedicato alle due legislazioni nazionali in materia di flussi di popolazione. Quella francese tentava di trovare un punto di equilibrio tra la carenza di manodopera, il nazionalismo e i risentimenti degli operai autoctoni nei confronti degli stranieri, mentre quella italiana – soprattutto a partire dalla legge del 1901 – puntava a fare dell’emigrazione un punto di forza per lo sviluppo economico nazionale. Inoltre in Italia, seppure con lacune e problemi di efficienza, ci si iniziava a occupare della tutela dei migranti (come evidenziato dal sorgere di società di assistenza); tale orientamento è testimoniato anche dal trattato del 1904, stipulato proprio con la Francia. Questa parte si conclude con un capitolo dedicato alla xenofobia e alla concorrenza sul mercato del lavoro, temi caldi e centrali di questo lavoro. L’autrice passa in rassegna alcuni dei casi più noti di scontri – come Marsiglia nel 1881 e Aigues-Mortes nel 1893 – ponendo in rilievo come tale conflittualità fosse stata frutto non solo di singoli eventi contingenti, ma soprattutto di un intreccio tra elementi politici, economici, sociali.
Nella seconda sezione l’attenzione è focalizzata sul movimento sindacale francese e sulla presenza italiana al suo interno. In Francia lo sciopero era legale dal 1864, mentre dal 1884 una legge permetteva ai sindacati di costituirsi senza l’autorizzazione del governo. Ma, nonostante il riconoscimento formale di questi diritti, il sistema presentava contraddizioni significative che andavano dalle divisioni partitiche alle rivendicazioni degli iscritti contro la presenza di lavoratori stranieri. Negli ultimi anni dell’Ottocento il nazionalismo esasperato portò la questione dell’immigrazione alla ribalta dell’opinione pubblica, mentre nel primo decennio del Novecento il dibattito fu dominato dal clima antimilitarista e da una vasta ondata di scioperi. I sindacati, così come il partito socialista, avevano d’altronde sempre ignorato o sottovalutato la problematica della manodopera straniera fino a quando nel 1916 la cgt si espresse ufficialmente per la sua limitazione, rinnegando totalmente l’internazionalismo di cui si faceva in teoria promotrice.
La terza parte del volume è quella più originale e presenta un’analisi dei casi specifici di Marsiglia e di Nizza che si sofferma sulla presenza degli immigrati italiani all’interno della forza lavoro e sulla loro partecipazione sindacale, ambiti caratterizzati entrambi da frequenti attriti con i loro compagni francesi. Un aspetto particolarmente apprezzabile di questa sezione, così come della prima, è l’adozione di una prospettiva di genere da parte di Sanna. Infatti, l’attenzione rivolta alla componente femminile della comunità italiana permette all’autrice di fornire elementi utili per comprendere la tipologia dell’immigrazione e il grado di inserimento nella società d’adozione.
Per concludere, sembra opportuno sottolineare l’obiettivo espressamente dichiarato di questo studio, ossia l’intento di comprendere quanto l’impegno politico e sindacale abbia influito sull’integrazione degli italiani in Francia. Il tema è rilevante per l’epoca, soprattutto se è messo in relazione con il dibattito sull’odierna immigrazione in Italia. A quel tempo la militanza degli italiani pose le basi per la loro integrazione, in un periodo nel quale iniziavano già a diminuire gli attacchi e il risentimento verso di loro. Frenata dal Primo conflitto mondiale, tale integrazione ebbe compiutamente luogo solo con le seconde generazioni e il secondo dopoguerra, con le nuove ondate migratorie che facilitarono l’inserimento di quelle precedenti.
Sara Rossetti